venerdì 28 maggio 2010

La cavalcata sarda (ovvero le elezioni): Sassari, ultimi giorni maggio 2010

Vecchie foto da altre epoche altri mondi che furono graffi interferenze mondi che non sono più bianco e nero bianco e nero sbiadito evanescenti presenze commoventi come nei come nei sogni immagini di quando la campagna era nella città di quando la campagna le cingeva i fianchi come un amante in una sera estiva di quando c'erano alberi e frutteti al posto della case e il profumo dolce dei gelsomini stordiva intenso così intenso anche queste foto se avessero un odore avrebbero lo stesso profumo e invece l'odore dolciastro della festa per le strade ogni volta che viene questa festa per un caso per scelta si finisce per vedere foto antiche foto di famiglie che non sono la mia uomini e donne vestiti come non si usa più felici sembrano felici di incontrarsi di ritrovarsi durante una gita al mare in montagna i figli-bambini al seguito a giocare nell'erba macchine d'epoca alle spalle sorridono per sempre giovani suscitano domande bisbigliate in fondo al cuore

l'odore dolciastro di festa per strada il vento porta con sé frammenti di zucchero filato volano si posano come piume si alzano si alza il fumo lascia la sua impronta nera di unto di carne su ogni passante le dita le mani la bocca impiastricciata di torrone potresti baciarmi per sentirne il sapore potresti baciarmi se nella tua memoria la mia bocca le mie labbra esistessero ancora potresti baciarmi per sentire il sapore dei miei pensieri potresti se nella tua memoria la mia bocca le mie labbra avessero ancora consistenza ma è passato troppo tempo è passato troppo tempo ormai invecchiate le labbra avvizziscono divengono sottili come tratti di penna lasciano scoperti i denti poi più nulla sono diventata ormai sono divenuta ormai una donna senza per te una donna senza bocca
peccato sarebbe stato bello peccato sarebbe stato dolce quel gusto di giostre gusto caldo d'infanzia se tu l'avessi assaporato qui ora e dalle mie labbra come un insetto su un fiore come una cimice su una rosa ma ho ancora ricordi ricordi antichi incantevoli di quando abitavo nel viale ad esempio di quando ogni sera tornavo a casa con la borsa piena di fatica e gli alberi amici e il cane mi salutavano ho anche ricordi di baci durati un istante e di estati in cui parlavo al viso dolce della mia amica come la luna accoglieva parole disperate che cadevano ai nostri piedi il profumo intenso della siepe di gelsomini e il cigolio sommesso del cancello quando me lo chiudevo alle spalle

calpesto facce calpesto molte facce mi s'incollano alle suole le trascino per qualche metro il mio disinteresse per la politica ha raggiunto livelli esponenziali non me ne vogliano gli amici politicanti non me ne vogliano i sinceri candidati so che sono tutti infiammati dal sacro cuore del comun bene niente di personale più un fatto di sfiducia totale ahi sfiducia nell'essere umano disoccupati mentali occupano spazi fisici per attestare la propria esistenza per attestare attitudini a vivere ma è solo sfiducia la mia sfiducia nella natura umana in quella degli altri ovvio ad ogni modo ogni faccia una didascalia un'etichetta per ognuno di questi ritratti di gente ne prendo uno fra due dita e leggo ingegnere agronomo commerciante studente etnomusicologo cosa bisogna sentirsi cosa bisogna sapere di una città un mondo una regione per entrare in politica ingegnere agronomo commerciante adultero truffatore bugiardo come ci si deve saper muovere e quali sorrisi per prendere più voti la raffinata arte di sollevare adeguatamente gli angoli della bocca e perché e quanti perché bisogna porsi quali idee quali strette di mano sottoscrivere basterebbe un'idea sincronica o è meglio allegarne una diacronica

Un passo.

Un passo.

Un passo.


Fino alla porta di casa.

giovedì 27 maggio 2010

La luna

Hai tanta soledad en ese oro.
La luna de las noches no es la luna
Que vio el primer Adàn. Los largos siglos
De la vigilia humana la han colmado
De antiguo llanto. Mirala. Es tu espejo.
J. L. Borges


La luna

C'è tanta solitudine in quell'oro.
La luna della notti non è la luna
che vide il primo Adamo. I lunghi secoli
della veglia umana l'hanno colmata
di antico pianto. Guardala. E' il tuo specchio.
J. L. Borges

Questo blog nasce in una notte di luna piena. Ho scelto una splendida poesia di Borges ( da "La moneta di ferro", 1976) per accompagnare queste ore notturne.
Buon plenilunio a tutti.


Una nuova specie

I cani randagi mi sono sempre piaciuti. Come me non hanno radici né hanno conosciuto un padre. Per loro è indifferente se spostarsi in un luogo nuovo o ritornare a quello da cui sono partiti. Non sono infettati da sentimentalismi.
Abitano non-luoghi, campi incolti ai margini della città, edifici disabitati, vecchie stazioni di servizio. Posti con un loro bizzarro fascino ma che non si ancorano alla memoria perché non somigliano a nessun paesaggio da cartolina e non regalano alcun senso di conforto. Se mai, di smarrimento. Luoghi a cui si arriva per vie segrete o per caso, luoghi che spesso non hanno un buon odore, pericolosi di notte. Luoghi ai margini della coscienza, che non hanno nome e forse nemmeno funzione. Se ne hanno avuto una l'ha rosa l'oblio con i suoi enormi denti.
Anche io mi muovo attraverso non-luoghi -o almeno spesso così mi sembra-, spazi disagevoli da percorrere e in cui è difficile incontrare propri simili. Anzi, forse la condizione per attraversarli è anzitutto la solitudine.
Ma è una solitudine “buona”, una forma altissima di libertà, che rende possibile muoversi serenamente senza girarsi di continuo per controllare d'avere la tua ombra ancora cucita ai piedi; muoversi, senza dover chiedere permesso a nessuno e per spazi inconsueti.
A volte un tale livello di libertà inebria, fa sentire potenti come divinità, ci fa fondare misteriosi culti di cui noi stessi siamo gli unici dei. L'unico atto di fede che dobbiamo a noi stessi è l'atto di coraggio con cui scegliamo di scegliere, in tutte le cose della nostra vita, dalla più futile alla più importante .
Si diviene dei di noi stessi, ci si rivolge preghiere e ci si venera. Divinità che percorrono cimiteri di strade dimenticate, specie in evoluzione, sciancati e con le costole sporgenti come cani randagi, a volte nutrendosi degli scarti della vita ma con ancora nelle zampe la voglia di correre, infinitamente liberi, sospesi tra l'infimo e il sublime, ci si muove tra fango e cieli stellati.